La voce nella lirica
si usa dire essere “impostata”…cosa significa?
Il parallelo più
facile è quello con la danza classica che appunto utilizza una
tecnica imposta al nostro corpo per far sembrare che
stiamo…volando.Il bacino ruotato all’interno, la punta del
piede tirata, le gambe aperte con il femore girato
all’esterno…tutto questo serve a dare l’impressione di
leggerezza…anche se i ballerini per rimanere in questa posizione
soffrono duramente.
Gli uomini fino al
grande Nurejev erano chiamati “sostegni”, praticamente delle
sbarre moventi…appoggi per le”farfalle” ballerine che si
“appoggiavano” appunto per vincere, almeno nelle apparenze, la
pesante forza di gravità (quella che con Martha Graham ritornerà
prepotente e diverrà uno stile innovativo e rivoluzionario della
danza moderna; addirittura accentuandone l’attrazione a terra).
Rudolf Nureyev e poi Mikhail Baryshnikov, fanno della figura del
ballerino una rivoluzione tale da riuscire quasi a rubare il
ruolo di”étoile” alla donna…(quasi)
L’impostazione nella danza classica è tutto.
Una tecnica sperimentata nel tempo che, per chi non è
massimamente esperto, non può riuscire a cogliere la differenza
tra le diverse scuole ad esempio quella americana di George
Balanchine da quella russa del Bol’šoj o della scuola del Kirov
.
Nella lirica intesa
come “bel canto”(cioè quel metodo tutto italiano di impostare la
voce) la storia è molto simile ed inizia all’incirca anche nella
stesso periodo, cioè ’700 e’800.
Cosa accadeva prima di questa epoca per il canto e per la danza?
Guardate i cantori dipinti negli antichi affreschi delle nostre
chiese…bambini che appena socchiudono le labbra…e sembrano
cantare con “naturalezza”.
Pensate alle foto di
un qualsiasi cantante lirico di oggi nel momento dell’acuto
all’apice del suo sforzo canoro: vene che
scoppiano nel collo e posizioni della mandibola forzate.
Raramente si vedono immagini rilassate. Anzi pare pure sentirli
cantare dalla foto e quasi ci stridono i denti ad immaginare lo
sforzo.
E la danza cosa era prima del ’700?
Era leggiadria o tarantella…cioè intendo o balli profani o dolci
movenze appena accennate in armonia con la natura e con il pensiero “lirico” del tempo a
descrivere i versi dei grandi poeti dell’epoca. Già nel ’500 si
erano fondate le basi di quello che sarebbe divenuta la danza
classica che conosciamo oggi, così come le cinque posizioni
classiche furono stabilite verso la fine del 1600 da Pierre
Louis de Beauchamps coreografo alla corte del Re Sole Luigi XIV
(e proprio per questo si utilizza ancora oggi la lingua francese
per indicare le posizioni della danza classica, perchè in
Francia si è codificata in maniera accademica).Ugualmente per il
canto nel ’500 iniziano i primi trattati come quello del
“recitar cantando” della camerata de’ Bardi a Firenze…ma tutto
resta in delle indicazioni per una “intenzione” da dare al
canto, più che vere e proprie regole tecnico posturali.
Quando è arrivata la tecnica vera, base ancora oggi per entrambe
le discipline?
Quando gli studi anatomici e la scienza hanno raggiunto livelli
tali da potersi permettere di oltrepassare il limite umano;
perchè la lirica e la danza classica vanno ben oltre il limite
umano. Chi “naturalmente” fa una spaccata o dieci piroette? Chi
naturalmente canta note così acute e con così tanta potenza come
la lirica dell”800 e oltre?
Quindi la scienza va incontro alla richiesta di oltrepassare i
limiti umani attraverso risposte giustificate dalla ricerca
stessa e il risultato è una matematica tecnica che permette più
o meno a tutti di provare l’emozione di emettere suoni o
posizioni per la danza fino ad allora impensabili. La scienza in
precedenza già al servizio della pittura e dell’architettura,
diventa ora una nuova opportunità per il canto e la danza.
E siamo così giunti alla prima metà dell”800.
Il canto impostato è per l’esigenza di raggiungere certi acuti e
volumi assolutamente innaturali. Immense platee da riempire con
il suono della propria voce e orchestre sempre più grandi da
oltrepassare, legittimano questa esigenza…(e poi il desiderio
indomabile dell’artista di stupire il “suo” pubblico come fosse
un funambolo che rischia tutto camminando sul filo senza rete!).
Si racconta che il tenore Adolphe Nourrit (Montpellier
1802–Napoli 1839), allievo del famoso maestro di canto spagnolo
Manuel García …inciso: Garcìa è quello che ha dato il nome allo
strumento degli otorinolaringoiatri che serve per vedere le
corde vocali. Si quel fastidioso specchietto che il medico ci
infila in gola quando nella visita invita a pronunciare la
vocale E (questo perchè la E avvicina le corde vocali e così si
possono vedere se aderiscono bene,nel caso contrario vorrebbe
dire che ci sono polipi o altro)… Adolphe Nourrit, dicevo, si
racconta che si suicidò nel camerino del Teatro San Carlo di
Napoli dopo una lunga depressione conseguente ad aver ricevuto
la notizia che il suo rivale tenore Gilbert Duprez aveva
eseguito nel 1831 il famoso Do di petto nell’opera di Rossini
“Guglielmo Tell” al teatro del Giglio di Lucca.
Ecco questo era
l’ambiente dove i cantanti si muovevano.
La lirica detta del “bel canto”. La sfida all’acuto, la sfida
all’agilità e alla potenza (e anche all’improvvisazione almeno
fino alla metà dell’800, poi sempre meno).
Questa epoca è finita pochissimo tempo fa. Non direi con
Pavarotti ma con Corelli. Dopo tutti gli acuti e le mille note
in un frammento di secondo è arrivata la potenza vocale che
trova il suo apice con Franco Corelli. Oltre, il lento declino
che vede Pavarotti come ultimo opportuno “sfruttatore” di
maniera che chiude un epoca e lascia a quelli dopo, se lo
vorranno, la possibilità di ripartire daccapo attraverso (per
me) la strada
del ritorno al suono libero e naturale.
Quale cantante oggi c’è in grado di aggiungere una sola emozione
a quella già data dalla generazione che trova la sua fine con
Pavarotti? Tutto si è ripetuto…perchè la tecnica, come una
costituzione, ha un tempo di scadenza…(anche se buona!).
Oggi la lirica deve
superare se stessa attraverso una rifondazione.
Abbiamo già sentito l’acuto, la potenza… oggi vogliamo sentire
il ritorno al suono naturale.
Quale era l’esigenza
del canto impostato?
Quella di far correre
la voce dato che non esistevano amplificazioni…cioè la necessità
di farsi sentire da tutti. Attenzione anche il coro della
Cappella Sistina aveva nel 1500 lo stesso problema, ma cantavano
in tanti e la risonanza di una chiesa non è quella di un teatro
o di una piazza. Il suono “rotondo” del cantante lirico è un
suono nella sua natura ricco di armonici buoni che esaltano la
nota fondamentale. Il suono” schiacciato”,spesso del cantante
pop, è ricco di armonici ma di quelli non buoni e quindi povero
di quelli buoni, che non solo non esaltano la nota fondamentale
ma eliminano come un video game gli armonici buoni. Questo crea
un implosione al suono e la voce non corre cioè non sfrutta
quella reazione a catena tra le onde sonore che nel suo perfetto
evento fisico permette al suono di espandersi, come il suono di
una bellissima campana che risuona nella vallata o meglio come
le perfette onde che si creano nello stagno dopo il lancio di un
sasso. Il suono schiacciato detto anche urlato è come dopo il
lancio di un sasso lanciarne subito dopo un altro di dimensioni
più grandi..le onde del secondo annulleranno l’armonia
simmetrica delle onde del primo e nello stagno si creerà solo..caos…cioè
un urlo per la voce.
Ma esiste un ma… ma quando sarebbe venuta fuori l’epoca dei
cantanti urlatori?
Negli anni ’50 con l’avvento della voce amplificata
elettronicamente. Ecco di nuovo la scienza a cambiare la storia
dell’arte. Con un microfono io supero il problema volume e posso
permettermi di cantare senza tenere di conto degli eventi fisici
degli armonici già sopracitati. Oggi poi un ingegnere del suono
con gli strumenti giusti è capace di far cantare chiunque.
Solo il cantante lirico continua eroicamente a usare il suo
strumento “nudo” affidandosi solo alla ricerca scientifica
sperimentata nell”800 (anche se in molti teatri specialmente
negli Stati Uniti è già da tempo che ai cantanti viene aggiunta
una leggera amplificazione e questo, stravolge tutto.
Certo, stravolge le
regole del “belcanto” che non obbliga più all’uso di certe
vocali chiuse a vantaggio dell’armonico di risonanza. Con
l’amplificazione la A può essere A e non quasi una O come spesso
si sente nei cantanti lirici. La pronuncia e la dizione
diventano più facili. Oggi, se utilizziamo le moderne
tecnologie, possiamo essere tutti dei Giuseppe di Stefano
(famoso per la pronuncia e la dizione impeccabili).
Ed è così che esplode
il fenomeno Bocelli: suono naturale/amplificazione spaziale.
La lirica è sempre stata arte pop…la lirica era per tutti.Le
platee dei teatri non avevano sedie, la platea rappresentava la
piazza.
La gente lì nella piazza ci andava vestita male, ci mangiava, ci
portava pure il cane e chissà cos’altro, mentre dai palchi i
signori bevevano e si amavano.
I teatri erano luoghi
frequentati da prostitute, le opere duravano l’intero giorno e
venivano intervallate da cose completamente diverse. La
sciantosa con le giarrettiere che cantava arie allegre francesi,
la potevi trovare tra un atto e l’altro del La Traviata.
Ed infatti così nasce
l’opera a Firenze al matrimonio di Ferdinando dè Medici con
Cristina di Lorena nel 1589 dove i più noti compositori e
cantanti dell’epoca (Giulio Caccini, Jacopo Peri, Luca Marenzio,
Cristofano Malvezzi, Emilio de’ Cavalieri, Antonio Archilei,
Giovanni di Bardi) compongono ed eseguono dei madrigali per gli
intermezzi della commedia ” La pellegrina” scritta da Girolamo
Bargagli per la parte recitata e in gran parte da Ottavio
Rinuccini per i testi dei madrigali cantati. Ma questi
“intermedi” musicali, nati quasi per cucire le parti recitate,
restano nella storia ancora più del testo della commedia e, la
sua forma di teatro musica e danza (perchè furono eseguite pure
delle danze), segna l’inizio del melo-dramma.
Gli “Intermedi”, come dire il carosello che diventa più
importante del programma stesso in prima serata. Ma sai quante
pubblicità resteranno nella storia della tv e quanti programmi
di miss, o festival, andranno nella pattumiera dei nostri
ricordi??…e così accadeva anche allora.
Il teatro e l’opera erano i bar col juke box del tempo dove la
gente trascorreva serate e la musica era “popolare”.
Poi è diventata arte
per pochi, per chi poteva capirla facendola diventare piano
piano arte per nessuno tanto hanno complicato il metro di
giudizio per giustificarne una loro esclusività.
Così da arte pop per tutti è diventata arte snob per nessuno
dato che gli “esperti” proclamano continuamente nuovi fenomeni
vocali ma falliscono nelle previsioni continuamente…(quante
nuove Callas saranno state annunciate negli ultimi 30
anni??..almeno quanti nuovi Beatles!).
Che scandalo vuoi che sia oggi per me se Bocelli ci offre un
prodotto bello e ripulito dall’ultimo ritrovato tecnologico in
confezione doppio cd a Natale…o che a teatro amplifichino le
voci dei cantanti…accetto la scienza e i cambiamenti.
Aspetto anzi un
ritorno, anche se “truccato” e quindi falso nella sua
produzione, di un suono libero o che così mi appaia ma che
produca in me almeno l’idea di quelle voci che ogni volta mi
immagino di sentire uscire dalla bocca di quei cantori dipinti
negli affreschi del ’400 da Piero della Francesca o dagli alti
rilievo di Luca della Robbia.
Il Video che metto è la famosa danza Tourdion attribuita a
Pierre Attaingnant della prima metà del ’500 ma che sicuramente
prende spunto da una composizione precedente medioevale…a suo
modo un inno alla gioia.
..il canto naturale….voce impostata …falsetto…voce piena…piena
anche dell’inebriante vino…..drogato canto che mi fai girare la
testa nel turbine della musica…la mente è libera e giro giro
giro….tourne tourne tourne…voglio solo cantare….leggero.
Quand je bois du vin clairet,
Ami tout tourne, tourne, tourne, tourne,
Aussi désormais je bois Anjou ou Arbois,
Chantons et buvons, à ce flacon faisons la guerre,
Chantons et buvons, les amis, buvons donc!
Quand je bois du vin clairet,
Ami tout tourne, tourne, tourne, tourne,
Aussi désormais je bois Anjou ou Arbois.
Buvons bien, là buvons donc
A ce flacon faisons la guerre.
Buvons bien, là buvons donc
Ami, trinquons, gaiement chantons.
En mangeant d’un gras jambon,
À ce flacon faisons la guerre.
Buvons bien, buvons mes amis,
Trinquons, buvons, vidons nos verres.
Buvons bien, buvons mes amis,
Trinquons, buvons, gaiement chantons.
En mangeant d’un gras jambon,
À ce flacon faisons la guerre!
Le bon vin nous a rendus gais, chantons,
Oublions nos peines, chantons.
Roberto Casi
25/09/2011
Galleria Fotografica dell'articolo "La lirica
per tutti la lirica per nessuno"
Rudolf neureyev e Margot Fontaine. Chi è l'étoile?
Rudolf Nureyev e Margot Fontaine
Il tenore Fabio Armiliato
Martha Graham
Mata Hari ballerina specializzata in danze
orientali (condannata a morte per spionaggio il 15 ottobre
del 1917)