Aprire, dopo la sua morte, la seconda stanza del suo minuscolo
appartamento chiamato “l’armadio” e trovarci solo una collezione di
ombrelli sarà stato deludente…per gli eredi. Ma cosa dovevano
trovarci?…Meglio sarebbe stato aprire la stanza e vederne uscire
farfalle….(opera di La Monte Young 1960, seguace di Satie).
Satie l’ossessivo, il cabalista, io direi Satie Zen….la sua passione per
la calligrafia come puro senso estetico, anche per la cura visiva dei
suoi spartiti, lo inserisce tra i seguaci della dottrina Zen.
L’arte calligrafica ci ricorda che non conta ciò che scrivi (o fai) ma
come lo fai. Da qui le radici per quello che noi definiremo minimalismo.
I suoni sostenuti di La Monte Young, indicano l’essenza di questo
concetto …ogni accordo nasconde in sé un messaggio …dobbiamo dargli il
tempo di rivelarlo.
La composizione Vexations (1893) di Satie è la più eloquente per capire
il suo concetto… la ripetizione per ottocentoquaranta volte di una breve
melodia (circa 20 ore ci vogliono per eseguirla) porta dritti dentro
alla circolarità Zen.
Osservare e decifrare il mondo intorno a noi richiede tempo e metodo.. quel
metodo che solo nella ripetizione costante ed uguale si impara.
L’esercizio continuo chi non lo conosce…ripetere..ripetere…poi pensare,
riflettere…tempo ed esercizio.
Uscire dal concetto provocatorio ed entrare nel metodo.
Minimale era anche Michelangelo..cioè de-comporre, togliere il superfluo
e fare uscire l’opera; questa la filosofia di Michelangelo.
Sapere cosa sia l’arte e quale il suo servizio è l’unica possibilità che
ormai abbiamo per non privarcene. A cosa serve un poeta?…a pensare…a
pensare a cosa?…ce lo dirà il pensiero stesso. Mettersi a disposizione
del pensiero..rifugiarsi nel pensatoio e qui ancora Michelangelo che ne
fece costruire uno proprio nella casa a Firenze…un angolo con vista
sulla città.
Guardare un ceppo di legno che arde non rappresenta uno spettacolo
sterile come invece potrebbe sembrare… il fuoco attacca il legno e nuove
opportunità si creano per la nostra mente…offrire allo Spirito la
possibilità di parlarci attraverso il nostro si.
“A Maria apparve l’angelo…” e Lei disse ..SI!…ma dopo quanto
tempo??…forse, ha atteso… ha atteso il si e lei lo ha pronunciato…ha
atteso una risposta. Diamo il tempo alla risposta di formarsi dentro di
noi, magari sapremo dire anche dei no.
Satie e la numerologia..il ripetere tutto tre volte come la famosa
composizione Gymnopédie divisa in tre parti, il bisogno di affidare alla
ripetizione organizzata la propria idea creativa.
Illuminato Satie che ci indichi una strada per comprendere oltre
l’evidente.
Al contrario e della stessa sostanza, è la sua composizione per
marionette (in tre atti!) Geneviève de Brabant (1899) della durata di
appena quindici minuti. Non siamo padroni del tempo non ci serve
conoscere quando e quanto, ma se avverrà.
Kerouac in On The Road ripete spesso..”…noi abbiamo la nozione del
tempo!”..la sua conquista, la coscienza di non possederlo ma di sapere
quanto dura un momento.
Il tempo necessario…il tempo necessario….
Il tempo necessario per un amico o pure per un nemico…quello giusto.
C’è una rappresentazione di Budda con un libro in una mano e nell’altra
una lama, indica il momento giusto per tagliare le pagine di quel
libro…trovare il momento giusto per tagliare e fermare la storia, né
prima né dopo. Questo è necessario: dedicare il tempo giusto perchè
l’opera si esprima.
Satie viene spesso affiancato a Debussy, Faurè, Ravel, Poulenc…poi più
avanti a Cage e a cascata a La MonteYoung, Terry Riley, Steve Reich,
Philip Glass, Brian Eno. Parole come dada, minimale, seriale, cubista… o
nomi dei suoi “colleghi” artisti come Picasso, Cocteau..sono in ogni sua
biografia. Ma vorrei invitarvi ad un ascolto più arduo, ad un confronto
meno probabile ritengo, però giustificato dallo stesso “stile”…si stile compositivo: Satie, Andy Warhol e Lou Reed… ascoltate, guardate e
lasciate che la creazione vi parli.