Voci lontane

Pino Daniele e la sua vocalità tutta napoletana.

La voce di Pino, tra falsetto, falsettone e mezza voce è una tipica voce del melodramma napoletano che attinge nel '700 le sue radici. Nel barocco napoletano, con Nicola Porpora, Giovan Battista Pergolesi, Domenico Cimarosa, Alessandro Scarlatti, Domenico Scarlatti e poi Gioacchino Rossini a cimentare tutto. Compositori e musicisti non tutti nati a Napoli ,che andavano però a Napoli a presentare le loro opere, a studiare e a cercare contatti di lavoro come oggi si potrebbe fare per Berlino, Parigi o New York. Il melodramma barocco aveva ruoli fissi che si ritrovano in ogni opera....la voce di basso profondo, il baritono buffo, il baritono nobile con voce pastosa e dal fraseggio elegante, il soprano detto di coloratura capace di virtuosismi e note granate, il soprano di agilità vezzoso e acutissimo..il contralto scuro che solitamente aveva il ruolo di un' anziana madre o le venivano dati ruoli da uomini i cosiddetti "en travesti" che appunto rivestivano ruoli da uomini essendo voci femminili molto basse si adattavano bene al ruolo di uomo, magari per interpretare giovani guerrieri o sacerdoti. La voce di tenore era tutta da inventare...i falsettisti, o castrati come Carlo Maria Michelangelo Nicola Broschi, detto Farinelli allievo appunto di Nicola Porpora, erano i prediletti dal popolo napoletano. I motivi sono vari. Primo la particolarità del ruolo e poi la tradizione di voci bianche che uscivano dalle chiese e rivestivano ruoli più virtuosi, dimostrando tutte le loro abilità perché essendo voci femminili su strutture maschili possedevano maggiori capacità toraciche e quindi potenza vocale e la possibilità di eseguire frasi molto lunghe dove solitamente il bambino o la donna devono riprendere il fiato spezzando così la frase. Ripeto che la figura della voce di tenore nasceva in quell'epoca. Adolphe Nourrit, famoso tenore francese ( la scuola dei tenori nasce in francia da maestri italiani e spagnoli...la contaminazione) pare si sia suicidato lanciandosi dal camerino del Teatro San Carlo di Napoli dopo aver appreso che il suo rivale Gilbert-Louis Duprez, anche lui francese, aveva eseguito in pubblico il famoso DO di petto al Teatro Giglio di Lucca...quel DO che Rossini non amava ma metteva sempre in partitura quando sapeva che il cantante era in grado di eseguirlo..un capace ed abile venditore del proprio prodotto musicale. Quel DO Rossini lo definiva il suono di un cappone sgozzato. Duprez lo eseguì al Giglio nel 1831 nell'aria "O muto asil del pianto" dal Guglielmo Tell proprio di Rossini e questo evento dette inizio, anzi consacrò la nascita della voce di tenore nei teatri come voce nobile e da primi ruoli. Fino a quel momento la voce di tenore veniva ripiegata per i concertati, terzetti e duetti e ruoli per lo più secondari che rappresentavano sempre personaggi gabbati, poco furbi, mezze macchiette come avviene spesso nelle opere di Mozart...Don Ottavio nel Don Giovanni è il tradito ancora innamorato. Quindi per il popolo napoletano la voce da primo ruolo era il falsettista o meglio, il castrato, che ricopriva ogni ruolo possibile come tipologia. Questi artisti erano osannati, adorati e coccolati...come Pino Daniele. La voce di Pino Daniele è il suono di una tradizione tutta napoletana. Io avevo un amico a Napoli che suo fratello parlava solo in falsetto e così il loro padre. Credo che chi è di Napoli possa confermare quanto dico e potrà dire di conoscere almeno una persona che parla normalmente e naturalmente solo in falsetto. Questa è un abitudine e niet'altro. Una maniera di essere. Aiutata certo dall'essere già una voce acuta naturale, ma questo non è neanche così scontato perché i migliori falsettisti come è stato uno dei miei maestri, Thimoty Penrose, sono a voce piena delle voci di baritono. A volte le tradizioni ci scorrono addosso e noi neanche lo sappiamo. Siamo dei portatori sani di tradizioni antiche e a qualcuno spetta il piacere di riconoscerle. Pino Daniele affonda le sue radici in una tradizione che il suo popolo sa riconoscere. Da qui l'affetto che parte dal profondo dei propri sentimenti. Riconoscere fratello qualcuno che ha i tratti della tua famiglia, sentirlo a pelle come si dice e non sapere spiegare il perché. Così come, purtroppo, spesso avviene anche per il contrario, odii profondi a cui solo il tempo (e chissà) potrà offrire rimedi.

 


Roberto Casi

9/1/2015

 

  <indietro